Maschera carnevalesca ebolitana, riesumata da Salvatore Cestaro che la trascrisse nel 1929, dando modo di essere recitata proprio durante il carnevale di quell’anno. Ripercorre la tradizione della Commedia dell’arte portata da artisti di strada. Inscenata fra il XVII e il XVIII secolo se n’era perso il ricordo. Si compone di circa trenta strofe e recitata in dialetto con l’accompagnamento di musica: Zezo non vede di buon occhio don Nicola, che gironzola intorno a sua figlia Vincenzella. La giovinetta però, ama don Nicola, il quale a sua volta, nonostante l’interesse per la ragazza, non lascia trapelare i suoi sentimenti. Vincenzella fa capire a don Nicola che se non la sposa farà un gesto folle. Zezo, scoperto tutto si scaglia contro don Nicola e la bastona. Questi si arma deciso a vendicarsi l’offesa subita. Vincenzella riesce a calmare don Nicola che, finalmente, dichiara di essere disposto a sposarla. Ogni rancore si placca e le energie sono dirette ai preparativi delle nozze. Se la scenetta era dimenticata, la figura di Zezo era rimasta nella memoria della popolazione ebolitana. Ancora oggi, le persone anziane, a proposito dell’eccentricità o della sciatteria di qualcuno usano esclamare: pare Zezo; nu fa Zezo; si proprio nu Zezo; rassumigli a Zezo.